Cenni storici
“Santo Donato Castello popolato che fa da 400 fuochi, stà posto ne la falda de gl’Apennini… La metà di detto Castello è chiusa di muraglia, l’altra sono tré Borghi attaccati però insieme. E’ popolatissimo Castello et le genti sono armiggere, industriose et fatiganti, vanno attorno fatigando, fanno de li panni di lana per loro uso et per vendere…
Il Castello hà aria buonissima, et sottile. Vi sono de le caccie di Lepri, et Capri, pernici, et quaglie assai, et le genti si dilettano de la caccia. Ha la Chiesa di Santo Donato lor protettore, onde la Terra è chiamata di questo nome. Hà un’altra Chiesa chiamata Santa Maria; dove sono dieci Preti beneficiati, con l’Abbate, et Arciprete, quali officiano ogni giorno in detta Chiesa, et la tengono honoratamente. L’Arciprete di presente è Don Luca de Angeli Abbate è Don Cesare Petrucci, sacerdote da bene, et litterato. Hà un Convento de Frati conventuali di San Francesco poco lontano da la Terra, dove stanno 3 et 4 Frati. Il luogo si chiama San Francesco.
Vivono di presente in detta Terra molte persone di ricapito, fra quali il principale è Magnifico Cola Ricci Dottore di leggi, et prattico ne li governi di Regno, persona di 45 anni, di bello aspetto, compariscente, et di maneggi… In questa Terra hoggi vive il Capitan Tino Tocco, quale di Soldato semplice, che è andato in persecuzione di Banditi per le sue fattioni, et servity fatti in ammazzar molti Banditi è stato fatto Capitano con la condotta di 200 soldati destinati à persecutione de Tristi… Il Signor può far capital’ assai di questi huomini per conto di persone atti à l’arme, et di fattione…
In questo Castello il Signore hà una Torra posta in Capo de la Terra, con un poco di spatio appresso cinto di muro, fatta più per fortezza de la Terra, et per una ritirata che per habitatione, essendo luogo disastroso, et alpestre.”
(Relatione familiare de lo Stato d’Alvito fatta a l’Ill.mo sig.re Card.le di Como, 1595)
Terra di passo, battuta nei secoli da eserciti, mercanti, monaci e pellegrini, San Donato è il luogo dove il Parco Nazionale d’Abruzzo si affaccia sugli ulivi del Mediterraneo, tra rupi assolate ed il profumo delle erbe aromatiche, pietre addossate a terrazzare pendii…
Le origini del vivacissimo centro cominese si perdono nella leggenda e si collegano all’antica Cominium sannita distrutta da Roma nel 293 a.C.; anche se ci sono pareri discordi circa la reale ubicazione di quella città nella nostra valle, di sicuro sappiamo che il territorio era un avamposto sannita allorché nel 329 a.C. Roma, per assicurarsi delle teste di ponte lungo la Via Appia, la Via Latina e l’odierna Via Sferracavallo, conquistò Terracina, Fregellae (San Giovanni Incarico) e più tardi, nel 303, Sora. La nascita del primo “santuario” non può essere anteriore al 304 d.C., anno in cui Donato, vescovo di Arezzo veniva martirizzato.
In quegli anni in cui il cristianesimo nascente cercava il riconoscimento da parte dell’Impero Romano, il primo monachesimo muoveva i suoi passi, e, abbattendo tutto ciò che rimaneva di culto pagano, dedicava i luoghi ai martiri più venerati. Le nostre terre, fin dall’epoca etrusca erano “terre di passo” per le genti di Arezzo e di Veio che avevano commerci con la colonia etrusca di Capua; questa che era la più ricca delle città italiche col suo… “suolo lieve e umido, facile da lavorare e che dava fino a quattro raccolti l’anno tra farro, miglio, orzo e ortaggi”… determinerà nei secoli il destino delle invasioni delle nostre valli, per il controllo delle vie romane e dei passi montani tra Nord e Sud.
L’invasione longobarda del 568 d.C. fu quella più rovinosa: Atina fu distrutta e gli abitanti uccisi. La stessa sorte toccò al Monastero di Montecassino edificato appena sessant’anni prima.
Le nostre terre fecero parte dei Ducati di Spoleto e Benevento. E’ nella successiva politica di pacificazione operata da papa Gregorio Magno e, in seguito, nel graduale avvicinamento dei longobardi al cristianesimo e alla civiltà latina dopo l’Editto di Rotari (643), che si può intendere la DONAZIONE DI ILDEBRANDO, duca di Spoleto, al Monastero di San Vincenzo al Volturno, nel 778 d.C. Qui per la prima volta veniva menzionata una “Aecclesiam Sancti Donati in territorio Cumino”…
La data del 778 d.C. rimanda storicamente ad altri fatti che accadevano nella nostra penisola e alla futura ingerenza del papato nel meridione: l’accordo della Chiesa con la monarchia franca e la nascita del Sacro Romano Impero. Carlomagno sottomette i principi longobardi e spingendosi fino a Capua consente al principe Arechi II di governare a patto che paghi un tributo. Lo stesso farà nell’ 866 l’imperatore Ludovico II che passando da Sora percorre la Via Latina fino a Capua, ma questa volta il motivo è ben più grave: i Saraceni stanno conquistando tutte le coste del Tirreno e attestandosi sul Golfo di Gaeta e sul Garigliano fanno scorrerie verso l’interno.
Le nostre valli vengono occupate progressivamente dalle popolazioni di Itri. Prudentio scriverà più tardi: … “San Donato è terra di passo, et ebbe principio da Itri, dove ancor oggi l’una terra con l’altra se portano affettione et se usa tra essi certa libertà e franchigia”. Le zone rivierasche, ormai proibitive, sono teatro di scontri fino alla battaglia sul Garigliano (915); le popolazioni in esodo raggiungono le pendici dei nostri monti e costruiscono cinte murarie attorno ai primi eremi e monasteri. E’ in questo periodo che si intensificano i rapporti con la Valle del Sangro e la piana del Fucino nella Contea dei Marsi: ancora oggi è tradizione per i sandonatesi raggiungere a piedi, in pellegrinaggio, la cittadina di Trasacco in onore di San Cesidio.
All’inizio dell’anno Mille, cavalieri normanni sono al soldo dei signori di Salerno e di Capua. Più tardi nel 1062 conquisteranno la stessa Capua e, con questa, terranno in feudo anche la Contea di Arezzo;essi sono bene accetti da papa Niccolò II, il quale, cercando alleati per condurre in porto la politica di riforma, li nomina Vassalli della Chiesa. Nel 1150, Ruggiero il Normanno conquista la Val di Comino.
L’unificazione della dinastia normanna e sveva nella persona di Federico II di Svevia, diede nuovo impulso alle conteee e baronie locali di stampo ghibellino. L’Imperatore aumenta la fortuna dei Conti d’Aquino, che già detentori della nostra valle per piccoli periodi, intervallati dalla giurisdizione di Montecassino, ne entrarono definitivamente in possesso nel 1270. San Tommaso d’Aquino fu il più insigne rappresentante di questa casata in campo filosofico e religioso. I Conti d’Aquino organizzarono il loro territorio con fortificazioni e milizie tanto che il possedimento assunse la denominazione di “Castrum Sancti Donati”: la floridezza economica e militare che ne seguì fece di San Donato una Baronia.
Il Castello è il Rione più antico del paese e geograficamente si colloca nella radice dell’Appennino, circoscritto da austere porte di accesso rivolte a Greco, Levante e Ponente. Nel 1632 G.P.M. Castrucci scriveva che “San Donato… è divisa in due Rioni, Castello, e Valle; il Castello è tutto cinto di mura, con le sue torri…”. Da sempre dediti al culto del Santo Patrono, nel XVI secolo gli abitanti del Rione costruirono in economia il Santuario del nostro Patrono.
Dopo il XV secolo il nostro territorio, chiamato Santo Donato Castello, viene conteso dalle famiglie Cantelmo, Cardona e persino dai Borgia. “Industriosi et fatiganti”, i sandonatesi del tempo erano dediti all’artigianato, infatti producevano “de li panni di lana, per loro uso et per vendere”. La loro abilità favorì contatti anche con le popolazioni dell’Umbria e della Toscana. A tal proposito, nel 1574, Prudentio annota la presenza di “mercanti nobili fiorentini, che fanno faccende assai tal che con la loro industria et sapere son fatti ricchissimi”. Oltre che nel lavoro artigiano, i nostri antenati si distinsero nell’ “arte della guerra”. Soldati di grande valore, eredi dell’antica milizia del Castrum Sancti Donati, i sandonatesi si fecero apprezzare in tutto il Regno per la lotta al brigantaggio. In tempo di pace, e fino al Settecento invece, diedero vita ad un originale Palio della Lotta.
Nel 1595, in nome del Cardinale Tolomeo Gallio, il territorio passò alla famiglia Gallio che lo amministrò per oltre duecento anni, con scarso e decadente interesse. Nel 1669, a causa di una grave pestilenza, la popolazione “che assommava a 2344 anime fu ridotta a sole 640. Morirono di tal flagello 1704 persone”. Nell’arco del XVII e XVIII secolo, San Donato ebbe un dominio stabile e non fu interessato da guerre per cui, nonostante battute d’arresto dovute a crisi demografiche, si ebbe un notevole sviluppo sia economico che urbano, superiore a quello degli altri centri del ducato di Alvito. Con vari gradi di interesse storico-artistico è quindi possibile notare l’espansione sei-settecentesca, con la costruzione nel centro urbano di palazzi signorili, piazze e l’ammodernamento di chiese e conventi.